Da diverse settimane
avevo in mente di scrivere sui migranti, sui rifugiati, su quelli che scappano
dalle loro case, a causa di guerre, persecuzioni, carestie, e su quelli che
arrivano, in Europa e in Italia, e che l’Europa e l’Italia vorrebbero invece lasciare
fuori.
Una delle ultime crisi che
ha occupato per un po’ un certo spazio sui media è quella dei Rohingya, un’etnia
di religione musulmana minoritaria in Myanmar, paese a maggioranza buddista. I
Rohingya sono uno dei popoli più perseguitati al mondo: secondo l’ONU, più
di 600 mila Rohingya sono scappati da agosto 2017 riversandosi
in Bangladesh. Qualche giorno fa un accordo è stato firmato tra
Myanmar e Bangladesh per rimpatriare gli sfollati. Ci sono però dubbi sulle
effettive condizioni in cui i Rohingya verranno riaccolti in Myanmar.
Purtroppo il fenomeno
delle migrazioni umane è sempre di attualità, e anzi le sue proporzioni sono
sempre maggiori, e destinate a crescere insieme all’aumento della popolazione
mondiale, ai cambiamenti climatici prodotti dall’uomo, ai conflitti che non si
riescono a fermare. Risolvere la questione delle migrazioni alla radice richiederebbe
dunque uno sforzo mondiale per superare tali conflitti, passare a uno sviluppo
sostenibile, probabilmente anche fermare la crescita incontrollata della
popolazione. Insomma, siamo lontani anni luce dal trovare una soluzione alle
cause prime delle migrazioni. È allora necessario, e eticamente indispensabile,
concentrarci sugli effetti, curare i sintomi del problema: cosa fare con questo
numero crescente di persone. In questo articolo cercherò prima di tutto di riassumere i numeri delle migrazioni,
con l’obbiettivo di arrivare a comprendere meglio le dimensioni del problema.
Secondo l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), oggi ci sono circa 65 milioni di persone nel Mondo che fuggono
dalle loro case, un numero in costante crescita negli ultimi anni, tornato per la prima volta ai livelli della
seconda guerra mondiale.
Di questi 65 milioni, circa 20 sono rifugiati,
cioè persone a cui è stata riconosciuta una qualche forma di protezione, ad
esempio il diritto all’asilo, secondo gli accordi internazionali (ad esempio la
convenzione di Ginevra
sui rifugiati del 1951). Secondo i dati dell’ UNHCR, la Siria è
il paese da cui proviene il più alto numero di rifugiati nel mondo, circa 5.5
milioni, seguito dall’ Afghanistan (circa 2.5 milioni), Sudan del Sud e Somalia
(entrambi sopra il milione di rifugiati), poi Sudan, Repubblica democratica del
Congo, Repubblica Centroafricana, Myanmar, Eritrea, Burundi.
Altri 40 milioni circa
sono gli sfollati interni, ovvero le persone che sono state costrette a
lasciare le proprie case rimanendo però all’interno del proprio paese. Siria e
Colombia sono in testa a questa classifica, con circa 7 milioni di sfollati
interni ciascuna, seguite da Iraq (5 milioni), poi Afghanistan Repubblica
democratica del Congo, Yemen, Nigeria, Sudan, Sudan del Sud, Somalia, Ucraina,
tutti con più di 2 milioni di sfollati.
Una prima conclusione da
questi dati è tanto ovvia quanto dolorosa: la
Siria è un paese distrutto dalla guerra. Nel 2011 in Siria vivevano 21
milioni di persone. Più della metà oggi sono profughi, 7 milioni interni, 5.5
milioni rifugiati in altri stati. Non essere riusciti a fermare il conflitto in
Siria in quasi 7 anni è una delle più gravi colpe della nostra epoca.
Dal punto di vista dell’accoglienza, i paesi che
ospitano più rifugiati sono rappresentati nel grafico qui sotto (dati ancora dell’ UNHCR). Da notare come la Turchia da
sola ospiti più di due milioni e mezzo di persone, il Libano, con una
popolazione totale di circa 6 milioni ne ospita 1 milione, la Germania, con
circa 700 mila rifugiati (più altri 500 mila richiedenti asilo) è l’unico paese
europeo nella top 10 dell’accoglienza.
I paesi europei, non
includendo la Turchia, ospitano circa 2.3 milioni di rifugiati. Ciò vuol dire
che ci sono più rifugiati nella sola Turchia, che in tutto il continente
europeo. Questo è anche conseguenza del tristemente famoso accordo Unione Europea-Turchia
del 2016 con cui l’UE ha deciso che era meglio spendere soldi per stipare le
persone in Turchia e riverire il dittatore Erdogan piuttosto che farle entrare
da noi.
In Italia ci sono ad oggi
circa 150 mila rifugiati, siamo il quarto paese europeo come numero totale di
accoglienze (dietro a Germania, Svezia e Francia), più altri 100 mila
richiedenti asilo. Guardando alla percentuale di rifugiati sul numero totale di
abitanti (60 milioni circa), scopriamo però che in percentuale l’Italia
accoglie meno di altri paesi. Ogni 1000 abitanti infatti in Italia solo 2
sono rifugiati, un dato sostanzialmente più basso rispetto ad altri paesi come
Svezia (23 rifugiati su 1000 abitanti), Malta (18), Norvegia (11), Austria (11),
Germania (8), Francia (4.5), Finlandia (3.5), Ungheria (3), solo per citarne
alcuni (in Libano, primo in questa classifica, sono 170 su 1000 abitanti).
Da tutti questi numeri sembra facile concludere che l’Europa non è invasa dai rifugiati, caso
mai lo sono paesi come la Turchia e il Libano. L’Italia poi, in rapporto alla sua popolazione, ne ha sostanzialmente
un numero trascurabile. Accogliere più rifugiati e integrarli nel proprio
tessuto sociale sembrerebbe un’impresa alla portata dei paesi europei. Eppure
ad oggi non è questa la strada scelta dai paesi che si vantano di essere i più
democratici, liberali e sviluppati del Mondo.
Apro qui una piccola parentesi sulla distinzione tra migranti e rifugiati. In questo articolo considero migranti tutti coloro che lasciano le loro case per cercare un futuro migliore. In questo senso, tutte le persone che sbarcano in Grecia, Italia e Spagna sono migranti. Di tutti i migranti solo una parte ottiene però lo status di rifugiato. Come detto sopra, rifugiati sono coloro che, scappando da guerre o persecuzioni, fanno richiesta e ottengono la protezione dello stato in cui sono arrivati. Secondo i dati del Ministero dell'Interno ad esempio, nel 2016 in Italia sono sbarcati circa 180 mila migranti. Di questi, 123 mila hanno fatto richiesta di asilo nel nostro paese. 91 mila di tali richieste sono state esaminate in Italia nell'anno 2016. Solo a 36 mila persone però è stata concessa una qualche forma di protezione. In questo articolo solo queste persone sono considerate rifugiati.
I migranti a cui non viene concesso lo status di rifugiato sono stranieri irregolari. Una stima della fonazione ISMU quantificava gli stranieri irregolari in 435 mila nel 2016, mentre circa 5 milioni erano gli stranieri regolarmente residenti in Italia. Interessante è lo studio effettuato ogni anno dalla fondazione Leone Moressa che calcola che gli stranieri in Italia producono circa il 9% del Pil, generando 130 miliardi di valore aggiunto.
I migranti arrivano in Europa soprattutto attraverso tre rotte: la rotta del
Mediterraneo Occidentale, con approdo in Spagna, quella del Mediterraneo
Centrale, che dalla Libia arriva in Italia, e quella del Mediterraneo
Orientale, che collega Turchia e Grecia. Dalla Grecia poi parte la rotta
terrestre dei Balcani, percorsa dai migranti per arrivare nei paesi del nord
Europa, soprattutto Germania, Austria, Svezia e Norvegia. Dati interessanti sui
numeri e la provenienza di chi percorre queste rotte possono essere reperiti qui.
Il grafico qui sotto (fonte Frontex) illustra il numero di arrivi in Grecia, Italia e
Spagna dal 2008 al 2017. In Grecia gli ingressi si sono mantenuti sulle 50 mila
unità all’anno fino al 2014. Nel 2015 c’è stato il ben noto picco di arrivi,
che ha raggiunto le 885 mila persone, un
flusso gigantesco e soprattutto alimentato da profughi Siriani. Nel marzo
2016, in seguito all’accordo tra UE e Turchia, la Turchia ha sostanzialmente
chiuso la rotta del Mediterraneo Occidentale (in cambio ha avuto 3 miliardi di
euro dall’UE). Questo ha ridotto drasticamente gli arrivi in Grecia (a 27 mila
persone nel 2017). In Italia dal 2014 arrivano poco meno di 200 mila persone
all’anno, soprattutto provenienti
dall’Africa sub-Sahariana, un flusso in diminuzione nel 2017, grazie ad un
altro accordo assurdo, quello tra
l’Italia, e un quasi inesistente governo Libico che sta sostanzialmente
chiudendo la rotta del Mediterraneo Centrale. Probabilmente in seguito alla
chiusura delle altre rotte, il 2017 coincide con un anno di maggiori arrivi
sulle coste spagnole, 21 mila fino adesso.
Come siamo purtroppo
abituati ad apprendere quotidianamente dalle notizie, attraversare il
Mediterraneo per giungere in Europa è molto rischioso. Negli ultimi 15 anni, oltre 30 mila persone sono morte tentando la
traversata, 3 mila nel 2017, 5 mila nel 2016, quasi 4 mila nel 2015,
secondo l’ UNHCR.
Se il numero totale di
rifugiati in Europa non è così allarmante, ed in ogni caso non esiste
un’invasione di rifugiati, da questi numeri appare evidente che a partire dal 2014 ci sia stata
un’emergenza sbarchi, soprattutto considerando che Grecia e Italia si sono
trovate ad affrontarla quasi da sole. Il picco del 2015 di quasi 900 mila
sbarchi in Grecia (più 170 mila in Italia) è sicuramente da considerarsi un
evento eccezionale.
Per far fronte a una
simile emergenza sarebbe necessario occuparsi di diversi problemi: (1) come
gestire i migranti che arrivano; (2) come evitare che muoiano nel tentativo di
raggiungere l’Europa; (3) come creare le condizioni affinché i flussi
diminuiscano.
L’UE ha sistematicamente fallito nel trovare soluzioni a ognuno
di questi problemi. Non è stata infatti all’altezza di occuparsi dell’emergenza degli sbarchi,
ad esempio creando un sistema di responsabilità condivise fra tutti gli stati
membri per aiutare Grecia e Italia. Emblema di questo fallimento è il fatto che
gli stati dell’UE siano in grave ritardo rispetto agli impegni presi di ripartire
in tutta l’UE i rifugiati arrivati in Italia e in Grecia. A giugno 2017 solo il
19% dei ricollocamenti
previsti da un accordo del 2015 erano stati effettuati.
Incapace di gestire il
flusso di migranti, L’UE ha deciso di concentrare i suoi sforzi sulla soluzione
del terzo problema, fermare i flussi in entrata. Qui però la politica del
‘aiutiamoli a casa loro’ che, quando pronunciata da persone intelligenti,
dovrebbe significare creare migliori condizioni nei paesi di origine dei
migranti, è stata sostituita dalla meno impegnativa ‘qualunque cose purché non arrivino da noi’. L’Europa si è dotata di muri e filo spinato
alle frontiere, è scesa a patti con chiunque (dittatori, miliziani, forse
anche trafficanti di esseri umani), pur di non farsi raggiungere da coloro che
potrebbero chiedere asilo (per fare richiesta d’asilo un migrante deve essere
sul suolo europeo). E così si danno soldi alla Turchia, governata dal dittatore
Erdogan, perché non faccia più partire nessuno dalle sue coste e si tenga i
profughi, soprattutto Siriani, per chiuderli in campi (che però ospitano solo
il 10% di tutti i Siriani in Turchia), o più spesso lasciarli in giro per il
paese con pochi mezzi di sussistenza. Nello stesso modo si ammassano profughi
nei sovraffollati campi delle isole greche e se ne bloccano circa 50 mila su tutto il territorio
greco, in attesa che le loro richieste di asilo vengano esaminate, o che gli altri stati europei onorino gli impegni presi di ricollocarli dalla Grecia al loro interno. Altre migliaia sono bloccati in Serbia, dove un muro di filo
spinato di 175Km li separa dall’Ungheria, e quindi dall’Europa. Infine, per
coronare i successi di politica estera italiana ed europea si fanno pure
accordi con la Libia, un paese nel caos e nella guerra civile dal 2011, non
firmatario della convenzione di Ginevra sui rifugiati, affinché non faccia
scappare i migranti e li rinchiuda in centri di detenzione dove vengono
sottoposti ad ogni genere di violenza (e anche venduti come schiavi). I flussi in entrata
sono stati fermati, è vero, ma al prezzo altissimo di calpestare i diritti
umani dei migranti, quei diritti che l’Europa dice di voler difendere.
Per quanto riguarda il punto
2, i dati dimostrano che l’UE non ha avuto finora alcun successo neanche nel
diminuire le morti nel Mediterraneo. Emblematico è il fatto che dopo l’accordo UE-Turchia,
nel 2016 il numero dei morti sia cresciuto, anche se gli sbarchi sono
diminuiti. Vedremo in
futuro se lo scellerato accordo con la Libia porterà almeno ad una diminuzione
delle morti in mare, visto che la rotta che parte dalle coste libiche è in
assoluto la più pericolosa e mortale.
Tuttavia, il simbolo più
triste e lampante del fallimento europeo non sono i migranti che muoiono in
mare o per attraversare il filo spinato al confine tra Serbia e Ungheria, o per
entrare nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla dal Marocco. Alla fine dei
conti, ci immaginiamo come attraversare queste frontiere sia estremamente
pericoloso, quasi senza speranza. Forse, le morti che fanno più male, e che più
di tutti dovrebbero far riflettere i nostri governanti, sono quelle dei
migranti a Ventimiglia, affogati alla foce di
un fiume, o folgorati dai cavi dei treni, o investiti, o precipitati tra le
montagne tentando di attraversare un confine che non è neanche un vero confine,
quello cioè tra Italia e Francia. Chi di noi, cittadini europei, si sentirebbe
in pericolo se dovesse prendere un treno dall’Italia alla Francia? Eppure per
questi migranti sbarcati in Italia ma che in Italia non vogliono rimanere (e
sono tanti, basta confrontare il numero di sbarchi in Italia con quello dei
richiedenti asilo), anche questo diventa un confine dove morire.
Mi dispiace, ma se questa è l’Unione Europea, io non ne
voglio proprio fare parte.
È possibile invertire la rotta e trovare delle soluzioni all'altezza di quello che l'Europa dovrebbe rappresentare?
Certo l’accoglienza non è
facile, implica l’impiego di risorse spesso mancanti, volontà politica ferrea,
e coesione sociale nei Paesi ospitanti. Implica, soprattutto, lo sviluppo e
l’implementazione costante di politiche di integrazione, grandi assenti in
Italia, capaci di disinnescare la diffidenza e anzi di promuovere la
contaminazione tra culture differenti. Forse bisognerebbe partire dal considerare i rifugiati come risorse, non come invasori. In questo lavoro si calcola che, se pienamente integrati nei paesi ospitanti, i rifugiati già in 5 anni dal loro arrivo produrrebbero più ricchezza di quanta se ne sia spesa per accoglierli. Ma alla base di tutto è necessaria una
politica veramente europea dell’accoglienza, che preveda ad esempio quote
automatiche tra i Paesi membri, senza la possibilità di cherry-picking sulle
persone. È tempo che l’UE dimostri di essere qualcosa di diverso da
un’accozzaglia di Stati unita solo da un interesse economico comune, e si
assuma pienamente la responsabilità del problema dei migranti.
Nell'articolo viene citato il numero di rifugiati per abitante in Italia ... ovvero il 2 per 1000. Decisamente un numero molto basso, sia rispetto ad altri paesi europei, ma soprattutto direi rispetto al senso comune della popolazione 'disinformata', che viene bombardata da un informazione mediatica che sostanzialmente lascia passare un unico messaggio: "siamo invasi". Nonostante ció, al paragrafo successivo, si fa una chiara distuinzione tra migranti e rifugiati, i secondi essendo un piccolo sottogruppo dei primi. Dunque la mia conclusione è che forse per completezza bisognerebbe mettere in luce il numero ufficiale (o almeno una stima, dato che l'illegalità ne rende forse difficile il calcolo esatto) di migranti per ogni 1000 abitanti se si vuole davvero lanciare il messaggio 'nessuna invasione, solo potenziale multiculturalità' ... altrimenti mi potrei facilmente immaginare il Salvini di turno rispondere a tale ridicolo 2per1000 con un 'Certo, il numero di rifugiati è basso, ma quello di immigrati rimane comunque alto', potendo cosí continuare a sostenere la tesi dell'invasione.
ReplyDeleteCiao Fra!
DeleteQuello che dici è vero, i rifugiati in Italia sono pochi, però quelli che arrivano dal mare sono molti di più. Dai dati riportati sopra, dal 2008 ad oggi sono sbarcati in Italia circa 800 mila migranti, se confrontati con la popolazione italiana, circa 60 milioni, fa più o meno l'1.3%.
Il destino di quelli che arrivano però non è così semplice da raccontare. Molti di loro chiedono asilo, il che vuol dire che rimarranno in Italia nei centri di accoglienza aspettando che il oro caso venga esaminato. Negli ultimi anni, il numero di persone a cui viene attribuita una qualche forma di protezione (cioè i rifugiati) in Italia è circa il 40% di quelli che fanno domanda. Quelli che non fanno domanda di asilo e quelli a cui non è concesso diventano migranti illegali, che per le leggi italiane ed europee andrebbero espulsi. Si potrebbe scrivere un articolo interessante per esempio sulla differenza tra rifugiati e quelli che spesso vengono definiti 'migranti economici'. Questi ultimi sono ad esempio molti provenienti dall'Africa sub-Sahariana (ad esempio la Nigeria) che si fanno un viaggio di mesi o anni per arrivare in Italia e cercare condizioni di vita migliori. Arrivati in Italia la loro richiesta di asilo è respinta perché non vengono da un paese considerato pericoloso, o dove non c'è una guerra in corso. Chiaramente se una persona attraversa un continente intero e poi il mare per arrivare in Italia, vuol dire che dove stava veramente ci stava male, però, essendo un migrante economico, non viene accettato come rifugiato.
In ogni caso il punto è che spesso i non rifugiati riescono a non farsi espellere, diciamo che l'Italia neanche abbia questo grosso interesse ad espellerli (a parte quelli considerati pericolosi) perché gli dovrebbe pagare il biglietto aereo. Da qui in poi i destini di queste persone sono ancora più difficili da raccontare, proprio perché diventano illegali e se ne perdono spesso le tracce. Alcuni di loro restano in Italia, altri cercano di scappare, arrivare in Francia, Germania, Svezia o altri paesi e richiedere l'asilo lì. Da qui gli attriti con la Francia (e i morti a Ventimiglia) e le minacce austriache di chiudere le frontiere con l'Italia.
I numeri che si possono dare, in sintesi, sono i seguenti:
- Dal 2008 sono arrivati 800 mila migranti
- Oggi ci sono in Itala 150 mila rifugiati più altri 100 mila richiedenti asilo
- Una stima degli stranieri irregolari è di circa 400 mila, cioè lo 0.7% della popolazione
- Gli stranieri regolari sono circa 5 milioni
- Gli stranieri irregolari sono quindi circa (e secondo stime) l'8% degli stranieri in Italia.
Per concludere, non è neanche vero che tutti gli stranieri irregolari siano arrivati dal mare. Sicuramente nei 400 mila ce ne sono molti che sono sbarcati in Italia (i famosi 800 mila dal 2008) e sono scappati ai controlli. Però altri stranieri irregolari possono semplicemente essere quelli che sono entrati con un visto turistico (quindi legalmente) e poi sono rimasti allo scadere del visto.
Spero di aver risposto alle domande!
Si, ottimi dati aggiuntivi.
ReplyDeleteRiguardo la tratta sud-sahariana, che molto spesso finisce con viaggi via mare dalla Libia, ho appena letto questo articolo: http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2017/12/12/news/libia_i_governi_europei_sono_comppici_dei_terribili_abusi_contro_i_migranti_rifugiati_-183841063/
Anch’esso presenta dati (numeri) chiari, e mette bene in luce lo scandalo degli accordi europei (e soprattutto italiani) con il governo Libico, per fermare (senza molto badare al come) gli sbarchi.
Spero possa aggiungere un po’ di informazione utile al tema.